mercoledì 12 luglio 2017

DAMIEN HIRST RACCONTA LA STORIA DI UN GRANDE RITROVAMENTO: SE LO VEDI ESISTE

Ho pensato molte volte all'enorme gioia che si prova nella scoperta di un tesoro nascosto in fondo al mare.
In passato ho scavato nel mio giardino immaginando di trovare la mappa racchiusa in uno scrigno, perché da piccola il mare era un luogo lontano. Certo è difficile comprendere una mappa del tesoro, mi sono sempre detta, ma con i giusti strumenti tutto diventa possibile.
Poi un giorno sono arrivata a Venezia e ho trovato il messaggio nella bottiglia di Damien Hirst: "SOMEWHERE BETWEEN LIES AND TRUTH LIES THE TRUTH" e ho capito che nulla è impossibile.


Amo l'arte moderna, sono una curiosa osservatrice e guardo le opere senza filtri e con l'emozione di una bambina al suo primo giorno di scuola.
I tesori dell'incredibile relitto mi hanno letteralmente folgorata e per un momento non ho capito se stavo sognando il ritrovamento di un tesoro in fondo al mare o se stavo guardando il sogno del più grande ritrovamento dei nostri tempi.


 


Nel 2008, al largo della costa orientale dell’Africa fu scoperto un vasto sito con il relitto di una nave naufragata. Il ritrovamento ha avallato la leggenda di Cif Amotan II, un liberto di Antiochia (città della Turchia nordoccidentale), vissuto tra la metà del I secolo e l’inizio del II secolo d.C. 

Nell’Impero romano, un ex schiavo aveva ampie possibilità di avanzamento socio-economico mediante il coinvolgimento negli affari finanziari dei suoi mecenati e padroni di un tempo. La storia di Amotan (talvolta citato come Aulus Calidius Amotan) racconta che, dopo l’affrancazione, lo schiavo accumulò un’immensa fortuna. Tronfio di ricchezze creò una sontuosa collezione di oggetti provenienti da ogni angolo del mondo antico. I leggendari cento tesori del liberto, oggetti commissionati, copie, falsi, acquisti e bottini furono caricati tutti insieme sulla gigantesca nave Apistos (nome che nell’antica koinè greca signi cava Incredibile) per essere trasportati in un tempio appositamente edifcato dal collezionista. Ma l’imbarcazione affondò, consegnando il proprio tesoro alla sfera del mito e generando così infnite varianti di questa storia d’ambizione, avarizia, splendore e ubris. 

La collezione rimase sul fondo dell’Oceano Indiano per circa duemila anni, prima che il sito fosse scoperto nel 2008, vicino agli antichi porti commerciali dell’Azania (costa dell’Africa sudorientale). Quasi un decennio dopo l’inizio degli scavi, questa mostra raccoglie insieme tutte le opere recuperate in quello straordinario ritrovamento. 

Alcune delle sculture sono esposte prima di aver subito qualsiasi intervento di restauro, coperte da pesanti incrostazioni di corallo e altre concrezioni marine che talvolta ne rendono la forma praticamente irriconoscibile. In mostra sono esposte anche serie di copie museali contemporanee degli oggetti ritrovati che immaginano le opere così com’erano nel loro stato originario. 

 

Punta della Dogana e Palazzo Grassi accolgono questa sorprendente esposizione a Venezia - dal 9 aprile al 3 dicembre 2017 - allestita a cura di Elena Geuna in quattro mesi e frutto di quasi dieci anni di lavoro di Hirst.

Le opere di Damien Hirst si susseguono con una logicità maniacale. Ogni pezzo della mostra parte da una fantasia storica, basata su concreti riferimenti e diventa immaginario per lo spettatore. Le opere sono un vero e proprio gioco ad incastri.
Il visitatore si confonde tra realtà e menzogna, le opere sono realmente meravigliose, realizzate con materiali realmente pregiati e forme che ricalcano spesso i canoni della bellezza classica, arricchita dalla moderna follia che orami pervade tutti noi, e alcuni più di altri.

 
 


Fin dall’antichità sono state eseguite molte copie di questa serie di torsi in marmo rosa.

Le numerose versioni dei nudi sono un indizio sintomatico della predilezione classica per le forme che si prestano alla riproduzione in serie, una tendenza contrapposta alla moderna feticizzazione dell’originale. Una copia più grande della figura centrale fu commissionata dal collezionista e ora è presente in mostra insieme a una versione museale contemporanea eseguita in bronzo e a un torso così come recuperato sul fondo del mare. 

Le forme sono caratterizzate da un giro vita minuscolo, fianchi accentuati, seni piccoli e alti, dorso stretto e inarcato. Fra i surrealisti circolarono, all’inizio del XX secolo, copie di questi nudi, che furono esposte all’International Surrealist Exhibition (Londra, 1936). La loro popolarità derivò soprattutto dall’essenzialità con cui lo scultore rese il corpo femminile e dalla somiglianza dei torsi a mannequin. Come oggetti erotizzati preesistenti, le sculture si rivelarono ricettacoli ideali per l’interesse dei surrealisti verso la natura autoconsapevole della produzione artistica. 



 

La ricchezza della mostra risiede nella grande quantità di opere d'arte e oggetti che non stancano mai. Ho una certa resistenza per i musei che raccolgono infinite teche con preziosi ed importanti cimeli, manifatture antiche e rare, talvolta li trovo un po' troppo ripetitivi.
Qui il gioco dell'immaginario collezionista, che altri non è se non il reale collezionista Damien Hirst, mi ha portato a guardare ogni teca, ogni opera. Ore di perlustrazione immersa nei fondali della mente di un artista moderno.

 

Da Punta della Dogana a Palazzo Grassi il nostro collezionista espone tutti i suoi grandiosi ritrovamenti degli ultimi dieci anni. Consiglio di dividere la mostra in due giorni, per una maggiore soddisfazione degli occhi e della mente.


Questa figura monumentale, che supera di poco i diciotto metri, è la copia di un bronzo più piccolo recuperato dal relitto. Il ritrovamento della statua sembrò risolvere il mistero della testa isolata di bronzo con tratti sauriani rinvenuta nella valle del Tigri nel 1932. Provvista di mostruose fauci aperte e occhi a bulbo, la testa fu inizialmente identificata come quella della divinità babilonese Pazuzu, “re dei demoni del vento”. Dopo la scoperta di questa statua, tale identificazione è stata tuttavia messa in dubbio per la mancanza dei tipici attributi di Pazuzu: le ali, la coda di scorpione e il pene con la testa di serpente.

Gli antichi demoni mesopotamici erano complesse creature primordiali che presentavano aspetti umani, animali e divini. Incarnazioni di una reazione trasgressiva alle rigide strutture sociali, questi esseri ibridi erano indifferentemente apotropaici, benevoli e malefici. Secondo una delle teorie avanzate, la coppa retta dal braccio teso del demone era un recipiente per raccogliere il sangue umano; un’ipotesi, questa, dettata dalla generale tendenza contemporanea a percepire il demone come un essere distruttivo. Più probabilmente la figura aveva la funzione di guardiano davanti alla dimora di una persona importante.

 

- Dove sono finita? - 
Sono convinta che sia la domanda più frequente di fronte a questo "ritrovamento", di fronte a questa enorme collezione di "tesori" di arte antica (ops... moderna).



 
 


Tadukheba: Marmo di Carrara, smeraldi e cristallo di rocca, 43.7 × 30.2 × 26.5 cm
Questo busto, identificato con qualche cautela con Tadukheba, principessa dei Mitanni del quattordicesimo secolo a. C. – è diverso per molti aspetti da altre rappresentazioni femminili di quel periodo: gli occhi sono più piccoli e più rotondi, mentre le labbra sono meno pronunciate di quelle delle sue contemporanee. È probabile che lo scultore volesse così enfatizzare la sua etnia straniera. Le pupille nere sono formate da impurità naturali di carbone all’interno della pietra.



La mia opera preferita? Non ho dubbi: la MEDUSA di cristallo, ma attenzione ad incrociare il suo sguardo...


L'opera preferita del collezionista? Non lo so, forse il COLLEZIONISTA con l'AMICO.


E proprio quando lo spettatore pensa di essere nel bel mezzo del ritrovamento di una nave naufragata, con tutti i suoi tesori a bordo e con tutti i suoi misteri laggiù in fondo al mare, ecco che arriva Topolino.
Questa esposizione è TREASURES FROM THE WRECK OF THE UNBELIEVABLE e Damien Hirst - il collezionista - lungo il percorso ogni tanto ci ricorda che si tratta di un mondo "incredibile". Forse per qualcuno...




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